martedì 2 novembre 2010

Parla Dias: "Pronti per il Derby; Voglio entrare nella storia della Lazio; Hernanes è solo al 50%"

LA STORIA - Nascere predestinati e non saperlo, nascere calciatori e scoprirlo a 18 anni, nascere campioni ed accorgersene da grandi. E la vita ti cambia da un giorno all'altro. E' esploso tardi perchè ha iniziato tardi. Raccontano che il difensore Andrè Dias s'è reso conto di voler giocare a calcio alla maggiore età, fino ad allora aveva lavorato in un negozio di vernici, aveva fatto il cameriere e nel frattempo era andato a scuola. Cercava di essere autonomo, di non gravare sulla famiglia, cercava di aiutare papà Celso e mamma Aparecida. Questa non è la storia del ragazzino che sogna di diventare campione. No, questa è la storia di un giovane uomo cresciuto in una famiglia numerosa e che ad un certo punto si è trovato catapultato in una vita calcistica. Dias è il quarto di cinque fratelli che non hanno scelto di seguire le sue orme. Sino a 18 anni giocava a calcetto a livello amatoriale perchè il campo a 11 non gli piaceva. Si sentiva attaccante, diventò difensore, ammirava Andrè Cruz (ex Milan e Napoli). Il destino lo mise di fronte al bivio per due volte. Aveva 15 anni, un amico lo spinse a provarci nel calcio, gli fece fare un test nel Sao Caetano. La prova andò malissimo, la delusione lo segnò. Tre anni dopo un altro amico iniziò a tartassarlo, lo portò con sè a provare nella Palestra del Sao Bernardo do Campo, piccola società di San Paolo. Dias accettò solo dopo tre mesi. Fu acquistato e da lì partì la sua scalata. La prima apparizione avvenne nel '99, poi fu acquistato dal Paranà (22 presenze, 1 gol), poi arrivò la chiamata del Flamengo (2001). Nei primi anni di carriera, cambiò spesso squadra: nel 2003 al Paysandau (26 presenze, 1 rete), successivamente al Goias per tre anni (75 presenze, 3 gol). Nel 2006 il San Paolo lo prelevò a parametro zero, dopo che con il Goias fu nominato miglior difensore del Brasileiaro. Andrè passò davanti a tutti in poco tempo: divenne capitano, vinse tre campionato di fila, si aggiudicò la "Bola de Prata", riconoscimento ai migliori undici del torneo. Nel 2009 arrivò la chiamata del Brasile di Dunga, ma non scese in campo. Andrè ha sposato Andrea, con sua moglie si conosce da 10 anni. Hanno un figlio, Vinicio, e due gemelline nate in estate, Lara ed Eloah. E' un evangelista, come Matu ed Hernanes, con loro frequenta una chiesa a Roma. Legge sempre la Bibbia, ama stare con la famiglia, è il suo hobby preferito. La musica gospel lo rilassa e lo carica. Il futuro adesso è suo.
Ora, è uno dei leader della nuova Lazio, l'immagine della sorpresa del gruppo di Reja, perchè il valore di Andrè Dias sino all'inizio del campionato veniva trascurato. Da bambino gli sarebbe piaciuto giocare cenravanti, può darsi che l'istinto lo abbia conservato. SI sgancia e va a segnare, sfruttando l'abilità nello stacco aereo. Reja, già dal ritiro di Norcia, prova quel tipo di punizione visto a Palermo. Blocco al centro dell'area, Dias gira dietro il mucchio e va a colpire di testa o di piede, come successo al Barbera. Terzo gol con la Lazio, questo da vero centravanti. Poi s'è messo a correre verso la panchina aggiuntiva dove era seduto il suo amico Matuzalem: "E' un amico, una persona che mi ha aiutato tantissimo nei primi mesi. Quando sono arrivato a Roma non capivo l'italiano, dovevo abituarmi al cambio di vita, Matu per me è stato una presenza costante. E io volevo ringraziarlo per tutto quello che ha fatto".
L'ha definito il gol più bello della sua vita. In realtà ce ne è un altro che per gesto tecnico è ancora insuperabile. San Paolo-Atletico Mineiro, Brasileirao del 2008, Dias scatta in profondità, penetra in area e sull'uscita del portere lo beffa con un cucchiaio. Questo, forse, è il più bello realizzato con la Lazio. Ne aveva seganti due, altrettanto importanti (contro Genoa e Bologna) nella corsa verso la salvezza. Andrè Dias, come molti suoi compagni, vive l'attuale primato con serenità: "Il nostro segreto? Non ne parliamo tanto del primo posto. Abbiamo voglia di dare il massimo ogni volta che giochiamo, questo è lo spirito, c'è grande armonia, un grande gruppo. La Lazio affronta ogni partita come se fosse una finale, ma senza pensare a niente. E' la nostra forza interiore. Si scudetto non ne parliamo. Vedremo più avanti se riusciremo a mantenere questa posizione. Ma il segreto è questo: affrontiamo un ostacolo alla volta, come se fosse una finale. L'armonia del gruppo, poi, si riflette sul campo, tutti sono pronto ad aiutarsi, a sacrificarsi per l'altro. Se uno sbaglia, c'è chi va in aiuto. La nostra difesa parte dagli attaccanti". La prossima finale per la Lazio si chiama derby. Dias l'ha giocato nella scorsa primavera: "Giocammo bene quella gara e perdemmo immeritatamente. Anche quest'anno giocheremo per vincere. E' una partita difficile, la più difficile del campionato per atmosfera, le pressioni e le attese che ci sono. Ad ogni modo noi siamo pronti, ci sentiamo molto più preparati dell'anno scorso. Fisicamente, tatticamente e mentalmente, la Lazio oggi sta meglio. Io spero che si giochi bene e che si riesca a vincere. Nel derby dovremo evitare di sottovalutare l'avversario, non dovremo innervosirci, la Roma ha giocatori di qualità". Dias, come Hernanes, ha un sogno: "Entrare nella storia della Lazio, essere ricordato dai tifosi e vincere qualcosa".
Dias è rimasto molto legato alla sua ex squadra: "Quando posso vedo le partite del San Paolo, sarò sempre suo tifoso. Ho nostalgia della gente, la porto nel cuore. Saluto tutti e mando loro un grosso abbraccio, il San Paolo è la squadra più importante in cui ho militato in passato. Hernanes? E' al 50% della sua forza, quello vero i tifosi laziali lo vedranno da gennaio in poi, quando arriverà ai massimi livelli, ancora non li ha raggiunti. Si sta ambientando bene nel nuovo ruolo. Nel settore giovanile del San Paolo - racconta - giocava in una posizione avanzata, come adesso. Quando è diventato professionista ha iniziato a giocare come centrocampista centrale per le sue qualità tecniche, difensive ed offensive. A me non era capitato di vederlo giocare in zona d'attacco, per la prima volta è successo nella Lazio e sta facendo benissimo. Sta giocando senza fermarsi da gennaio, è normale che non sia al top. Non ha avuto problemi di ambientamento, ma solo un calo fisiologico visto che la stagione in Brasile è iniziata a dicembre".

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