mercoledì 15 luglio 2009

Sentenza sul caso Sandri, sgomento e proteste

Sei anni per omicidio colposo. Questa la condanna inflitta a Luigi Spaccarotella, l’agente della Stradale che l’11 novembre 2007 uccise con un colpo di pistola Gabriele Sandri, il tifoso della Lazio, nell’area di servizio di Badia al Pino, sull’Autosole. Il pubblico ministero Giuseppe Ledda aveva chiesto una condanna a quattordici anni per omicidio volontario con le attenuanti generiche. Quando Mauro Bilancetti, presidente della Corte d’Assise d’Arezzo ha letto la sentenza, pochi minuti prima delle otto di ieri sera, gli amici di Gabbo, i tanti tifosi che hanno seguito il processo, sono insorti: urla, insulti, calci sulle porte dell’aula: «Buffoni». Determinante l’intervento di Cristiano Sandri, fratello della vittima, che ha riportato la calma con poche parole: «Fatela finita, ragazzi! Non uccidete Gabriele per la terza volta». La prima fu quella domenica di novembre, la seconda ieri, con una sentenza che lui, il padre Giorgio e la madre Daniela considerano vergognosa. Inevitabile l’appello: «Io Spaccarotella non lo mollo» avverte Giorgio. Ma anche i più che soddisfatti difensori del poliziotto ricorreranno in appello, nella speranza di una riduzione di pena che significherebbe nemmeno un giorno di carcere. L’agente, attualmente sospeso dal servizio, ha atteso a casa che i giudici uscissero dalla camera di consiglio. Ha pianto a lungo, quando l’avvocato Federico Bagattini gli ha dato la notizia, poi ha smozzicato una frase di ringraziamento e: «Ci ho sempre creduto. Esiste una giustizia. Piango di gioia». Totalmente opposta la reazione della famiglia Sandri e dei tifosi, accorsi con bandiere e striscioni. «Non ci resta che credere in una giustizia divina, visto che questa sarebbe quella degli uomini. Spero che i cittadini per bene siano indignati come me. Sei anni per la vita di un figlio?» si guarda attorno il padre Giorgio. Spaccarotella, che quel giorno del 2007 era in servizio alla Polstrada di Battifolle, ha avuto l’aggravante dell’articolo 61 del codice penale, quella dell’evento prevedibile, prevalente sulle attenuanti generiche. In poche parole, avrebbe dovuto immaginare che sparare contro l’auto dei tifosi della Lazio con una pistola che aveva appena sparato (quindi molto sensibile) poteva significare colpire qualcuno. E’ quanto avvenne, con Gabriele Sandri raggiunto al collo mentre era sul sedile posteriore fra due amici. Fu deviato dalla rete di recinzione, quel proiettile? La difesa ha sempre sostenuto che lo fu in modo determinante, la parte civile pensa esattamente l’opposto. «La questione della deviazione è stata decisiva nell’orientare il giudizio» ha commentato l’avvocato Michele Monaco. Prima dell’ingresso della corte in camera di consiglio per otto ore, la giornata era vissuta sulle repliche delle parti, dopo requisitoria e arringhe della scorsa settimana. Giorgio Sandri era teso: «Quattordici anni per l’omicidio di mio figlio sono pochi. Quali sarebbero le attenuanti generiche?» E aggiungeva che l’avvocato Bagattini non si sarebbe dovuto permettere di criticare le iniziative prese in nome di Gabriele, cioè una fondazione contro la violenza e l’eventuale intitolazione di una strada a Roma. Ancora una volta il PM ha mimato l’azione di Spaccarotella, usando una pistola-giocattolo. Ha ribadito che l’azione del poliziotto fu insensata fin dall’inizio: dal correre con l’arma in pugno, a puntarla, a sparare. La parte civile ha ribadito che il poliziotto sparò dritto per dritto, lo dimostra la ferita nel collo del Sandri, e ha ricordato come l’imputato non abbia accettato il contraddittorio in aula. La difesa ha invece insistito sul fatto che nessuno dei cinque testimoni-chiave parlò di un movimento dell’agente per seguire un obiettivo con la pistola puntata a due mani: di conseguenza, la deviazione della pallottola da parte della rete fu determinante.

Fonte: http://www.ilmessaggero.it/

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